La mancata previsione nel decreto ministeriale del settore economico nel quale viene svolta l’attività da parte del dipendente costituisce motivo ostativo all’applicazione del particolare regime di tassazione forfetaria basata sulle retribuzioni convenzionali per lavoro prestato all’estero in via continuativa ed esclusiva (Agenzia delle Entrate – Risposta 31 gennaio 2022, n. 54).
Il caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate riguarda la tassazione del reddito percepito da un cittadino italiano iscritto all’AIRE, in relazione all’attività di lavoro dipendente all’estero svolta in modo continuativo e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro subordinato con una associazione senza scopo di lucro, con sede in un Paese UE, qualificata come “organizzazione che fornisce servizi e sostegno alle imprese e ai lavoratori autonomi”.
In particolare, si chiede se sia applicabile il regime di tassazione basato sulle retribuzioni convenzionali, considerato che la prestazione è stata svolta dal lavoratore nello Stato estero, in maniera continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro subordinato con l’associazione, nel settore delle “prestazioni di servizi”, per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco dei 12 mesi, rivestendo la qualifica di “Quadro aziendale” nel ruolo di “Direttore Tecnico”.
Tale criterio di determinazione del reddito, che si rivolge a quei lavoratori che, pur svolgendo l’attività lavorativa all’estero, continuano ad essere qualificati come residenti fiscali in Italia, comporta che il reddito derivante dal lavoro dipendente prestato all’estero è assoggettato a tassazione assumendo come base imponibile la retribuzione convenzionale stabilita annualmente con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (nella fattispecie, decreto 11 dicembre 2019, per l’anno d’imposta 2020), senza tener conto della retribuzione effettivamente corrisposta al lavoratore.
A tal fine:
– il lavoratore, operante all’estero, deve essere inquadrato in una delle categorie per le quali il decreto ministeriale fissa la retribuzione convenzionale;
– l’attività lavorativa deve essere svolta all’estero con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità;
– l’attività lavorativa svolta all’estero deve costituire l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e, pertanto, l’esecuzione della prestazione lavorativa deve essere integralmente svolta all’estero;
– il lavoratore nell’arco di dodici mesi deve soggiornare nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni.
Una delle condizioni per l’applicazione delle retribuzioni convenzionali, dunque, è che il soggetto che presta la propria attività lavorativa all’estero sia inquadrato in una delle categorie per le quali il decreto ministeriale abbia fissato le retribuzioni convenzionali, che sono previste esclusivamente per il settore privato.
L’Agenzia delle Entrate ha precisato che la mancata previsione nel decreto ministeriale del settore economico nel quale viene svolta l’attività da parte del dipendente costituisce motivo ostativo all’applicazione del particolare regime di tassazione basato sulle retribuzioni convenzionali.
Nella fattispecie, il datore di lavoro (un’associazione senza scopo di lucro estera) è catalogato tra le “Organizzazioni che forniscono servizi e sostegno alle imprese e ai lavoratori autonomi”.
Con riferimento all’anno d’imposta 2020, i settori previsti dal decreto ministeriale 11 dicembre 2019, con riferimento alla qualifica di “Quadro”, sono quelli di “Industria”, “Industria edile”, “Autotrasporto e spedizione merci”, “Credito”, “Agricoltura”, “Assicurazioni”, “Commercio” e “Trasporto aereo”.
Pertanto, considerato che l’attività del datore di lavoro non è riconducibile tra i settori economici previsti dal decreto ministeriale, deve ritenersi che non sia applicabile il regime delle retribuzioni convenzionali.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito, in particolare, che l’attività svolta non è riconducibile nell’ambito del settore “Commercio”.